con
ersilia lombardo, enzo di michele, giacomo guarnieri, alessio piazza
luci
cristian zucaro
foto
giuseppe di stefano
produzione
sud costa occidentale
co-produzione
roma europa festival 2004, cènes étrangères – la rose des vents lille, festival castel dei mondi 2004
Entriamo in una stanza vuota con un letto al centro. Cos’è quel letto ci chiediamo: un riparo? Una pace pigra? Un termine?
C’è un viaggio nel tempo e nello spazio attorno a quel catafalco e ciò che muove tutto è qualcosa che non possiamo comprendere. La stanza dove entriamo è un buco sul nulla. È il posto dove l’anima per un attimo si sospende nell’aria prima di strapparsi dal corpo.
Una madre guarda con occhi dolci e tristi i tre figli che ha di fronte e gli insegna che la vita è la cosa più preziosa, è qualcosa che fugge, passa. La vita è una corsa attorno a quel letto.
“Vita mia” è il tentativo folle e disperato di ritardare fino allo stremo delle forze l’ultimo giro prima della morte.
Chi è il prescelto? A chi tocca? Al più grande o al più piccolo? Al più buono o al più cattivo? E soprattutto perché toccherà a chi ancora non è pronto, a chi non si è fermato, a chi mantiene fermi gli impulsi della vita, le idee, le scoperte, i progetti, le piccole cariche d’energia?
Tra Gaspare, Uccio e Chicco c’è un morto che deve occupare quel letto, ma la madre non vuole saperne, vacilla, si mette a sedere, piega la testa di lato e se li guarda a uno a uno i suoi maschi di casa: il grande, il mezzano, il piccolo… Come fa a sentirlo “suo” quel figlio morto? Con quale coraggio lo porterà fra le braccia sul letto “conzato di lutto”, dopo averlo vestito e avergli bisbigliato nell’orecchio parole d’amore? Come faranno le sue gambe a non cederle inaspettatamente?
Tutto è immobile: i gesti, i ricordi, le parole di conforto, i rimorsi, quell’ultimo ritmo di pulsazione del cuore che si ripete all’infinito.
“Vita mia” è una veglia.
Quel letto è una nave di pietra e quella stanza è il mare che ci risucchia e sparisce.
Emma Dante
A mio fratello Dario
RECENSIONI
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